Associazione Polizia Locale di Milano

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STENO al secolo Stefano Pastorino

Giornale “L’IMPEGNO” numero di agosto/settembre 1981 – Articolo di Walter Zampieri e Michele Ferreri

Un giovane studente in legge fedele agli ideali della resistenza è nominato commissario politico della “Brigata Garibaldi – Felice Cascione” Quel giovane studente divenuto Comandante dei Vigili Urbani di Milano è il costruttore di una nuova vigilanza urbana. Trentotto anni dopo, i vigili urbani vedono nel loro Comandante un uomo stanco, avvilito, ma sempre fermo in quei valori che lo avevano ispirato negli anni giovanili quale combattente nella resistenza.

Siamo andati a Badalucco per conoscere e mettere in luce una storia che questo paese ha conservato per parecchi anni e che pochi conoscono. Una storia, si può dire forse, legata indirettamente al Corpo dei Vigili Urbani di Milano, perché in essa si innesta un pizzico di valore portatogli da un uomo divenuto nostro Comandante, il quale aveva vissuto gli anni della resistenza in quel luogo posto sul fondo della vallata Argentina in provincia di Imperia.

Abbiamo fatto questa intervista semplicemente perché avevamo qualcosa da dire in merito: quel che avevamo da dire, tutto nelle colonne che seguono, nient’altro. Quanto al perché abbiamo voluto dirlo è pressoché intuitivo: è probabile che pochi e per noi sarebbero abbastanza, potrebbero pensarla come noi o che, se sono molti, allora non abbiamo avuto finora il tempo di scrivere chiaro e schietto. Per anticipare qualcosa possiamo avvertire che non si tratta né di un favore personale e nemmeno di un piacere a chicchessia. Si tratta solo di una semplice intervista giornalistica. A questo ci sarà qualcuno che dirà, ma allora qual è il vero motivo? Dei veri democratici non ci porrebbero questa domanda; Ma tant’è che i democratici del nostro corpo li conosciamo molto bene e sono fatti così e pongono le domande magari più ingiuriose sebbene con la massima ingenuità. E a volte sono così simpatici che, per quanto abbiamo saputo sarebbe un peccato non dar loro soddisfazione. Pertanto è meglio che sappiano anche come mai ci siamo resi in parte un pochino giudici di cose che non ci appartengono ma che comunque, l’abbiamo già detto, ci coinvolgono indirettamente allorché abbiamo riscoperto un personaggio oggi per noi molto importante, del quale ignoravamo l’altra metà della sua vita. Prima di andare avanti nel nostro discorso, avvertiamo ancora che siamo certi che i primi frutti di questa nostra intervista saranno le solite polemiche che si aggiungeranno alle altre avute in passato. Non importa, in fin dei conti noi diciamo solo quello che testimoni ci hanno raccontato e che qui di seguito riportiamo fedelmente.

Vedendo Badalucco sembrerebbe difficile credere che un paese così apparentemente tranquillo, sia stato invece negli anni della resistenza un paese aggressivo, un vero baluardo per i nazifascisti. All’epoca, in prossimità di Badalucco vi era installato un cartello con su scritto in tedesco “Achtung Banditen” che avvertiva che in tutta la zona e principalmente nel paese, vi erano i banditi. Fu proprio quel modo di credere oltre la posizione del paese, che i nazifascisti si accanirono di più su Badalucco che divenne bersaglio dei loro crimini. Infatti, i banditi esistevano veramente, ma erano partigiani, i quali con l’aiuto indispensabile della popolazione che rimase fino all’ultimo al loro fianco, diedero del filo da torcere ai nazifascisti. in una relazione storica sul “Movimento di resistenza” Fatta dal Comune di Badalucco vi sono narrate tutte le vicende che fanno davvero capire come Badalucco fu un centro di resistenza e di martirio che diede una svolta non indifferente per la liberazione di tutta la zona della provincia di Imperia. Per fare questo, ci vollero però uomini coraggiosi e fermi nel loro ideale è uno di questi uomini fu Stefano Pastorino, divenuto poi Comandante dei Vigili Urbani di Milano. Ecco perché dicevamo che noi siamo legati indirettamente a questa storia, perché nella ventennale gestione Pastorino è innegabile che la vigilanza urbana abbia acquisito quel pizzico di valore portatole da un uomo che contribuì a far rinascere un paese.

Stefano Pastorino a 21 anni, nel settembre del 1944

BADALUCCO 1943

Quando dopo l’otto settembre del 1943 l’esercito tedesco si trasformò da alleato in occupante, numerosi furono gli italiani che, stanchi della guerra e del fascismo, incominciarono a combattere contro di esso e contro i fascisti che lo sostenevano, alleandosi ai pochi che già erano convinti di tali idee. Poco prima di questa data, Pastorino, allora ventenne studente in legge, essendo sempre stato un antifascista fu rastrellato dai nazifascisti ed inviato in un campo di lavoro denominato T.O.T. (forse Organizzazione Territoriale Tedesca), dove venivano internati i dissidenti di ogni specie. Scoperto perché passava armi, munizioni, dinamite, ai partigiani della vallata Argentina, riuscì a scappare dalla T.O.T. e con l’aiuto del partigiano badalucchese Panizzi Giuseppe, ucciso poi dai tedeschi in una imboscata e buttato in un canale, raggiunse gli altri partigiani di Badalucco. Ritenuto da questi un uomo intelligente, organizzatore, preparato, Pastorino fu nominato Commissario Politico della “Brigata Garibaldi – Battaglione Felice Cascione detto U Megu, autore della canzone Fischia il Vento) assumendo il nome di battaglia Steno. Persona calma, coraggiosa, che ragionava, non severo, sempre il primo quando il rischio insidiava la brigata, grazie a queste sue doti e al modo di fare, talvolta diplomatico, ottenne successi non indifferenti nelle varie azioni contro i nazifascisti, come nella grande battaglia del 25 settembre 1944 passata alla storia come “la battaglia partigiana di Badalucco”.  Con lui operarono uomini altrettanto capaci, coraggiosi e fedeli all’ideale della resistenza ed è stato proprio con alcuni di questi uomini che noi ci siamo incontrati, rivolgendo loro domande riguardo quel periodo glorioso.

Nella Fotografia scattata nel 1944 in Valle Argentina, Stefano Pastorino, Commissario Politico con il Comandante della Brigata “Cascione” Gino Napolitano, fratello dell’Emerito Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,

Mercoledì 27 maggio 1981, ore 10:00          

arriviamo a Badalucco in auto.  Ci accompagnano il Capo Drappello a riposo dei vigili urbani di Milano Anselmi Renato (già comandante del sesto distaccamento Brigata Matteotti) E il dottor Curlo Vittorio (partigiano, nome di battaglia “Leo” classe 1917, già Capo di Stato Maggiore della “Divisione Felice Cascione – Brigata Garibaldi” Ufficiale di collegamento fra partigiani e comando alleato ap. ci fermiamo nella piazza del paese in attesa dell’arrivo degli altri ex partigiani e intanto diamo uno sguardo in giro. Badalucco si presenta oggi come un paese modesto con una popolazione inferiore rispetto a quella che aveva trent’anni fa, a causa dell’emigrazione dei giovani che hanno trovato lavoro altrove. Ha una produzione locale di olio, vino, castagne, ortaggi, tutta roba di ottima qualità. Poche sono le case nuove, altre sono state ristrutturate e portano ancora i segni di bombardamenti dell’ultimo conflitto . a lato della piazza sorge uno stupendo monumento dedicato al “Contadino partigiano”. Non è un qualsiasi monumento, bensì un capolavoro di scultura, primo realizzato in Europa per il suo genere e per il quale i badalucchesi ne sono estremamente orgogliosi, poiché rappresenta tutto per loro e non per altro il partigiano in bronzo volge il suo sguardo e il suo “Sten” in un punto della montagna dove in passato pochi partigiani, con l’aiuto di tutta la popolazione, iniziarono la lotta contro i nazifascisti. Intanto ci vengono presentati gli altri ex partigiani che combatterono con Pastorino: non sono molti, ma tutti ancora in gamba e lucidi di mente.

Un altra fotografia del 1944 che ritrae Stefano Pastorino in Valle Argentina

INTERVISTA

Parla Cane Giovanbattista (nome di battaglia “Kira”, classe 1921, già caposquadra)

Pastorino è stato per noi Badalucchesi un grande uomo, un validissimo partigiano, un uomo per noi passato alla storia. Senza il suo contributo nella resistenza, il paese avrebbe avuto un’altra svolta, avrebbe avuto altri martiri. Ricordo che Pastorino era un giovane fermo, deciso a tutto, comprensivo verso i suoi compagni e anche verso il nemico al quale, talvolta, permetteva di raccogliere i suoi morti: un’azione questa veramente umana fatta in momenti dove l’umanità contava poco, così come la vita. I suoi comandi erano ragionati e non dovevano essere discussi se si voleva portare a termine un’azione con successo. Quando Pastorino viene a Badalucco, non passa certo inosservato, perché la gente sente subito la sua presenza e lo accoglie con entusiasmo. Mia madre che ha 85 anni, quando saprà che siete venuti voi che conoscete Pastorino, sarà contenta, ma vorrà vedere Pastorino.
Giovanbattista è oggi un uomo dall’apparenza giovanile rispetto alla sua età, parla in modo semplice con la massima sincerità cuore. Attualmente copre la carica di assessore all’agricoltura, per cui non gli è difficile spiegare le condizioni del paese che vive principalmente di produzione propria e non gode certo di una economia propizia, fattore questo che non permette al comune di affrontare alcune spese, come la costruzione di strade carrabili per poter accedere sulle vicine montagne a lavorare i campi, la costruzione di nuovi edifici e altresì nuove strutture sociali per dar spazio magari a un’eventuale crescita del turismo, che sicuramente troverebbe vantaggi in un luogo in parte da scoprire. Sono problemi, continua Giovanbattista che necessitano del tempo, forse troppo, considerando che sono state fatte richieste di finanziamenti alle autorità competenti, senza che queste a tutt’oggi abbiano dato una risposta concreta. C’è da dire ancora che Badalucco non è stato nemmeno riconosciuto Medaglia d’Oro della resistenza, nonostante le promesse fatte dalle autorità fuoriuscite dal conflitto che riconobbero invece solo la provincia. A questo . Giovanbattista appare un po’ amareggiato e ci mostra i lividi sulle sue gambe martoriate dalle bastonature prese dai nazi fascisti, a testimonianza dello spirito di sacrificio che animava i combattenti della resistenza.

Ho conosciuto Pastorino subito dopo l’otto settembre, era un uomo fantastico, influenzava molto il distaccamento, non era severo ed era il primo nelle battaglie dove non si nascondeva mai. Mio fratello Arturo (Artù nome di battaglia, comandante del primo raggruppamento partigiano morto nel 1965) apprezzava molto Pastorino e fu lui, su mio parere, a nominarlo commissario politico. Per noi Pastorino era l’uomo adatto, calmo nel decidere, coraggioso contro il nemico, ragionevole verso gli indifesi o comunque verso i prigionieri qualora li avessimo fatti.

Parla il dottor Curlo Vittorio (“Leo” Nome di battaglia): “Pastorino è stato un grande partigiano e amico; il suo nome ci dà vanto, era uno dei migliori. Quando moriva un partigiano il primo ad accorrere al suo capezzale era lui, era capace di attraversare un’intera vallata di notte, fra 1000 pericoli, per aiutare uno di noi. Era sempre in prima linea nelle battaglie, era inoltre un uomo strategico, molto diplomatico, come quella volta con i partigiani Dario e Artù nell’osteria in fondo al paese, quando fece credere ai tedeschi incontratisi in un momento di tregua, di avere molti partigiani, più di quelli che erano in effetti, dando ordini a destra e a sinistra come se comandasse avesse a sua disposizione un intero esercito”.

Bianchi Salvatore (nome di battaglia “Fiamma” già caposquadra, classe 1922), Orengo Martino (Partigiano nome di battaglia ”Nando” , dal 1954 risiede in Brasile ricoprendo l’incarico di Console, avuto per meriti e valori di partigiano); Boeri Ferdinando (partigiano, nome di battaglia “Nando” classe 1926) tutti questi uomini marcati dalla lotta, dalle paure dai sacrifici confermarono anch’essi le dichiarazioni degli altri asserendo inoltre che Pastorino era veramente un uomo, nel vero senso della parola, un uomo senza ambizioni, forse un timido, molto altruista: un eroe per i badalalucchesi che dissero inoltre che se al posto di Pastorino e Artu ci fosse stato qualche impulsivo il paese avrebbe subito maggiori danni a persone e a cose. È strano come questa gente della Liguria che di solito è taciturna e diffidente nel parlare con persone che non conoscono (motivi che vanno ricercati nella storia per via delle occupazioni straniere, Longobardi, Saraceni ecc) ci abbia accolto invece con molta gentilezza e parlato con tanta sincerità. Anselmi Renato ci racconta: “nel 1965 muore il partigiano Artù, i funerali si svolgono in una giornata piovosa. Pastorino lascia la macchina fuori dal paese e si incammina a piedi. Appena dentro il paese una donna anziana chiamata Mariettin lo abbraccia come se fosse stato un figlio….” Abbiamo rivisto quella donna, anzi fatto colazione nella sua osteria all’inizio del paese ed è stato commovente risentirla parlare di Pastorino con profondo affetto e riconoscenza. Ecco come questa gente della valle Argentina ricorda oggi Pastorino e non solo lo ricordano in quella zona, ma anche a distanza di chilometri allorché ci siamo fermati da un benzinaio per chiedergli un’informazione e questi, saputo chi eravamo nominò il Commissario “Steno”, ancora oggi figura della resistenza, profondamente impressa nella sua mente e ci diede una bandiera della brigata “Felice Cascione” con preghiera di portarla a Pastorino. Nel 1947 l’allora Ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti bandì un concorso per mille ufficiali nella Pubblica Sicurezza che urgeva essere ricostituita dopo il conflitto, agevolando coloro che uscirono dalla resistenza con gradi e con meriti. Pertanto, fu alquanto facile per Pastorino entrare nella P.S. con il grado di Tenente. Erano momenti duri: la disoccupazione, la fame, la miseria, le vendette, le controversie politiche, spesso degeneravano in gravi disordini fra la popolazione, per cui era difficile mantenere l’ordine considerando che il paese risentiva ancora gli effetti e lo sconvolgimento di una guerra appena finita.  A tal proposito sarebbe opportuno citare un episodio che ci è stato raccontato in svariate maniere ma che in realtà si svolse, crediamo, diversamente da come la fantasia di certi narratori genuini possa averlo definito. “Era l’agosto del 1948 ed in piazzale Loreto c’era una manifestazione per la commemorazione dei 15 martiri fucilati il 10 agosto 1944 dai nazi fascisti. Pastorino era la al comando di un gruppo di “Celerini” per servizio d’ordine. Avvennero dei tafferugli fra i manifestanti e Pastorino ordinò la carica su di loro con il classico “squillo di tromba”. Sarebbe stato per noi un episodio normale, dato i tempi, ma c’è chi asserisce che nella carica fu coinvolta la madre dell’ex Vigile Urbano Fiocchi Vittorio (grande partigiano) . C’è chi asserisce invece che non c’era bisogno di caricare i manifestanti. Altri ancora che Pastorino non ordinò nessuna carica. Noi non vogliamo essere giudici di un fatto che ci è stato raccontato storpiato e poco veritiero, possiamo solo dire che conoscendo Pastorino così come c’è l’hanno descritto i suoi compagni partigiani, ci pare impossibile che egli, in quell’occasione si sia perso in una semplice operazione di servizio. Pertanto siamo certi che se Pastorino quel giorno ordino la carica, davvero non lo fece di sua spontanea volontà regolare bensì costretto da ordini superiori, in quanto lo videro titubante ed incerto. Tale comportamento lo conferma oggi il compagno Anselmi Renato, il quale all’epoca si trovava in abiti borghesi poco distante da quel giovane Tenente.

Finita la guerra Stefano Pastorino si laureò in giurisprudenza e entrò nella Polizia di Stato a  Genova con il grado di vice commissario e successivamente venne trasferito a Milano. Qui fece un Concorso per Ufficiale dei Vigili Urbani, dove entrò come Vice Comandante il 12 marzo 1956 e quando nel dicembre 1962 andò in pensione per raggiunti limiti di età il Comandante Dott. Pietro Girola il 16 gennaio 1963 venne nominato Comandante.

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Stefano Pastorino nella fotografia ufficiale scatta nel gennaio 1963 quando divenne Comandante

Nel 1958 quando il Comando venne trasferito da Piazza Ferrari a Piazza Beccaria, come Vice Comandante venne incaricato di modernizzare il Corpo adeguandolo alle nuove realtà cittadine. Nacquero così la Centrale Radio e la Sezione Autoradio per occuparsi dell’Infortunistica Stradale, subito dopo venne creato l’ufficio topografi per sviluppare le planimetrie degli incidenti stradali. Nel 1961 per affrontare le problematiche degli ambulanti, tassisti abusivi ecc. ecc. creò la Squadra Mobile che operava in abiti borghesi e che successivamente per evitare equivoci con l’omonima Squadra della P.S. venne rinominata Nucleo Mobile. Nel 1963 diventato Comandante ebbe l’idea di realizzare una Scuola del Corpo come centro multifunzione che consentisse sia la formazione teorica che quella pratica e ai colleghi a riposo di rimanere in contatto. Il 25 novembre 1971 in collaborazione con la Croce Rossa Italiana venne inaugurato il Centralino Ambulanze con il numero 7733 in parallelo al Centralino telefonico con il numero 7727. La Centrale Radio divenne Centrale Operativa  con squadre di Vigili in servizio H24 e  operatori selezionati tra i più esperti, provenienti per la maggior parte dall’Autoradio e dal Nucleo Mobile.
Appoggiò l’iniziativa del Dirigente dell’Annonaria Dott. Mariani Ernesto per potenziare la Sezione Annonaria con un laboratorio di analisi gestito da Vigili Urbani appositamente formati.

Credeva nella professionalità e si impegnò in prima persona per realizzare una struttura idonea per formare il personale della Vigilanza Urbana. Il 10 aprile 1970 venne inaugurata dal Sindaco Aldo Aniasi la Scuola del Corpo dei Vigili Urbani, con le aule, la mensa, la foresteria con 60 posti letto e la palestra. Una struttura di eccellenza e avveniristica, unica in Italia e considerata a livello europeo. Ebbe anche l’intuizione di fare tenere i corsi agli Ufficiali e ai Graduati del Corpo, ottenendo così il duplice risultato di farli rimanere sempre aggiornati conoscendosi reciprocamente con tutto il personale.

Collocato a riposo il 2 giugno 1988 e deceduto il 24 marzo 2005 all’età di 81 anni. Attualmente è sepolto al Cimitero Monumentale di Milano nella Cappella della famiglia Barenghi insieme alla moglie Mafalda Barenghi con cui si era sposato nella Chiesa di San Babila l’ 11 ottobre 1984

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